Confessioni di una sbobinatrice.

Non tutti se ne sono accorti ma in questi giorni nella posta del nord hanno girato proposte, commenti e molto altro per parlare dell’annosa questione dei “resoconti”. Le ho osservate un po’ ridendo e un po’ piangendo e avrei anche potuto rimanere distaccata ma sono stata una sbobinatrice per tanti anni e volevo raccontare un po’ dell’esperienza che ho vissuto sulla mia pelle (letteralmente).

Se l’argomento non vi tocca siete liberi di non leggere più, ma se un po’ vi interessa allora rubo un po’ del vostro tempo.

Forse le nuove generazioni di allievi non capiranno quello che dico perché oggi è normale ascoltare un mp3 (più che sufficiente a recuperare ciò che può essere sfuggito). Ai miei tempi però (sono una vecchia vecchia ex allieva) la trascrizione sembrava un sistema indispensabile per rivedere ogni tanto le cose che potevano essere utili per le terapie.

Nonostante arrivassi ai corsi volonterosa con un bel quaderno, poi rimanevo con gli occhi e le orecchie incollate a Bernard ed era quasi impossibile scrivere degli appunti che avessero un senso compiuto. La memoria faceva già acqua e dopo qualche giorno risvegliandomi dallo stato ipnotico mi ricordavo poco e niente di ciò che era stato detto e fatto.

Così ho cominciato piena di entusiasmo e contentissima di fare una cosa che mi piaceva molto, mi divertivo e ci credevo (o forse avevo bisogno di attaccarmi a qualcosa, perché no?).

A volte qualcuno mi aiutava facendosi carico di qualche ora di registrazione e il solo modo di ringraziarli che avevo era citarli nella trascrizione. Poi,  piano piano, mi sono accorta che non ce la facevo più, gli impegni erano aumentati, era un carico insostenibile e gli aiuti diminuivano a vista d’occhio. Era una mia scelta, ho cominciato di mia spontanea volontà, consideravo  ancora questa cosa utilissima per chi la fa, avevo la fortuna di rivivere il corso e le meditazioni con tutto ciò che questo comporta. Imparavo tantissimo e potevo cogliere sfumature che di solito sfuggono, e poi mi faceva sentire parte della famiglia e quello era il mio modo di contribuire ad  una cosa che mi piaceva tanto. (e mi sentivo ripagata abbondantemente da questo).

Poi qualcosa è cambiato, vediamo se riesco a  spiegarvi.

  • Come vi sentireste quando, dopo tanta fatica,  vi viene detto che i resoconti sono troppo lunghi? (anche se sono un po’ permalosa, ho cercato di rimediare e per un po’ ho fatto una doppia versione (una lunga integrale e  una più corta un po’ riassunta).
  • come vi sentireste ad aspettare, aspettare, aspettare che arrivi la parte che manca e che chi si è preso l’impegno per mille motivi non ha ancora fatto nulla? (io l’impegno me lo sentivo addosso e facevo anche la parte degli altri)
  • Come vi sentireste quando viene “richiesto con insistenza” (per non dire preteso) un resoconto che per qualsiasi ragione  non è ancora stato fatto? (vi risparmio il travaso di bile)
  • come vi sentireste quando arrivano richieste del tipo  “mi serve questo, quello e quell’altro resoconto” . (non lo trovo più, non so dove l’ho messo, ho cancellato la mail ecce cc)

Sono tutte richieste che forse erano anche legittime, purtroppo però venivano spesso da chi non  ha mai scritto una riga.

Mi sono sentita presa in giro (ma forse mi stavo prendendo in giro), la mia ferita ha avuto il sopravvento e, incapace di esprimere ciò che sentivo serenamente, ho rinunciato, anche perché di gioia non ce n’era proprio più.  Ho cominciato però a chiedermi quanto valore davo al mio lavoro e  quanto ne davano gli altri,  che cosa avrei voluto in cambio, è stata una bella avventura. In questi giorni tutto è tornato a galla e allora ho cominciato a pormi alcune domande,  fare alcune considerazioni e darmi alcune risposte.

  •  La trascrizione è davvero così vitale come sentivo io oppure no? Non ho frequentato molti corsi di altro genere, ma credo che  di solito venga dato un po’ di materiale di base,  qualche libro di riferimento o poco più. In fondo i  testi da cui sono state prese le terapie ci sono. Se nessuno vuole fare la trascrizione forse è sufficiente così, e chi vuole di più si impegna per se stesso. Non so in quanti altri posti sia abitudine richiedere un lavoro così pesante e pretendere poi che venga condiviso.
  •  i miei resoconti erano davvero così lunghi e noiosi? Si, forse sì. Nel mio entusiasmo ero convinta che per gli assenti fosse importante rivivere tutta l’atmosfera, e così trascrivevo anche le battute più stupide. Sono ancora convinta che per imparare davvero ognuno deve digerire da sé ciò che ha ascoltato e vissuto. Ragioniamo in modo diverso e abbiamo esigenze diverse, qualcuno può volere un riassunto discorsivo  e qualcuno può volere uno schema sintetico, qualcuno si ricorda tutto e non gli serve niente. Volevo che quella fosse solo la base di riferimento.
  •  perché è così facile offrirsi di collaborare e poi così difficile farlo concretamente? Forse è gratificante alzare la mano davanti a tutti, e sentirsi ringraziare ma poi ci si dimentica in fretta di quello che si è detto tanto nessuno recriminerà.  (Forse questo è un lavoro faticoso che richiede umiltà e perseveranza, lontano dai riflettori  e non è per tutti, solo pochi possono capirne la ricchezza).
  •  se siamo una grande famiglia e ognuno ha il suo compito perché  c’è chi è oberato di lavoro e chi no? Forse non siamo una grande famiglia, forse è un gruppo come un altro, dove è bello avere  il momento in cui ci si riunisce per imparare e arricchirsi insieme e poi ognuno va per la sua strada, con gli appunti che ritiene opportuno farsi. Gli allievi sono tanti, i corsi sono tanti, la macchina organizzativa è diventata impegnativa, richiede le energie di molti che finiscono poi per essere sempre gli stessi. Non credo che la riuscita del corso dipenda dai resoconti, il corso funzionerebbe comunque, quelli sono una cosa in più, un regalo che alcuni volonterosi fanno ai loro compagni.
  •  A chi servono i resoconti? A Bernard? Questo è sempre stato uno dei motivi principali che giustificavano tanto lavoro, ma penso che Bernard sappia quello che dice e sia in grado di riprodurlo a piacimento. Forse potevano servire di base per il libro di Bernard, ma voglio sperare che quello sia nella sua testa e nel suo cuore, non in qualche trascrizione più o meno completa. Servono agli insegnanti e agli assistenti? di sicuro  sono utilissimi, non riesco ad immaginare come potrebbero fare senza quella base.  (Ma forse mi sbaglio  perché  l’energia delle terapie, che è l’unica cosa veramente importante, passa comunque).  Servono ai terapeuti? Nel momento in cui si fa la terapia i resoconti servono a poco,  per fortuna queste hanno una loro  magia intrinseca che le contraddistingue e hanno dimostrato di funzionare anche quando le  istruzioni riportate erano sbagliate. Le terapie non hanno bisogno di resoconti. E allora a chi servono? A chi ne sente l’importanza, a chi ogni tanto si sfoglia quella pagine per ripassare, per trovare quella cosa che era sfuggita, a chi ha qualche dubbio e cerca una risposta, a chi vuole tornare un po’ lì in quell’atmosfera ecc ecc.. Il resoconto è un grosso valore aggiunto alla qualità del corso,  chi li fa perché ci crede, o chi lo sfoglia e ne sente forte  la necessità può capire quanto vale (ed essere disposto a dare qualcosa in cambio)
  •  Trascrivere è faticoso, deve essere retribuito? E’ un LAVORO, che richiede molto, molto tempo che per forza di cose viene sottratto ad altro. Bisogna stare ore, giorni e mesi  seduti davanti ad un computer invece di andare a ballare o a fare una passeggiata con la famiglia. Forse per non essere retribuiti  di un impegno del genere  bisognerebbe che la gioia interiore fosse così tanta da rasentare le estasi mistiche di Santa Teresa. E allora mi e vi propongo altre domande che  aiutano a fare un esercizio di crescita:  perché faccio tanta fatica a trascrivere o a fare qualcos’altro? quanto vale il mio tempo e il mio lavoro? Quanto sono disposto a pagare per avere una cosa che mi interessa? Il denaro è davvero lo sterco del demonio? Quanto do alla mia colf, all’idraulico o al commercialista? Quanto verrebbe richiesto se facessi fare questo lavoro da una ditta specializzata? Sono sicura che facendo una cassetta delle offerte non diventerebbe un’elemosina o carità pelosa? Quanta gratitudine e rispetto c’è nell’accogliere e ricambiare  il lavoro di un altro? (che non è sempre dovuto).

Oh Oh, ho già superato la seconda pagina, mi sa che le mie considerazioni sono diventate un po’ troppo lunghe, e noiose.  Smetto qua, ovviamente in queste riflessioni  per forza di cose c’è dentro il mio modo di vivere questa faccenda, probabilmente  altre persone che hanno trascritto o trascrivono la pensano diversamente. I tempi sono cambiati e i nuovi allievi forse non capiscono questi problemi e allora prendete queste righe  solo come uno sfogo di una vecchia sbobinatrice.

Penso che il lavoro fatto in  quegli anni, con tanto entusiasmo, sia stato una grossa opportunità per me, lo considero un gran “per-dono” (soprattutto a me stessa). Credo  che, insieme al lavoro di tanti altri, potrà essere una base per tutto ciò che verrà nei corsi di terapie. Anche se le mie strade saranno diverse so che una piccola parte di me e della mia energia sarà sempre in quelle pagine e quindi resterò volente o nolente “nei secoli fedele” alle terapie, come un carabiniere.

Per concludere vi rifilo una vecchia cosa che avevo scritto qualche hanno fa e che forse è rintracciabile anche sul sito vecchio, ma vi torturo e la rimetto qua.

ODE di LODE

martedì 4 marzo 2008, di Cecilia Lando (Gruppo avanzato di Milano)

Si, lo so mi hanno insegnato che non è beneducato dire agli altri “ma non vedi sono bravo, cosa credi”. Ma una cosa è capitata sbobinando una puntata, nella mente ha preso vita che ‘sta storia è infinita.

 

<!–[endif]–>Ed ho visto in un momento, tutti presi al loro intento, tanti strani bei soggetti chini e curvi sui dischetti. Ore e ore ad ascoltare e poi svelti a riportare tutto ciò che è stato detto da un altro bel soggetto.

Oggi ormai siamo moderni, non usiamo più i quaderni, sono solo le tastiere che ci rubano le sere.

Oggi mp3 ascoltiamo, ma di certo ricordiamo quando invece di cliccare bisognava i nastri usare Quanta ansia, che paura! “e se il nastro poi non dura?” e sul punto poi più bello si incastra… è un macello. 

Quanti anni questi tizi han passato senza vizi per poter meglio aiutare tanti altri ad imparare. Qui in Italia credo che, si iniziò nel duemilatre ma la Francia ha il primato, negli ‘80 ha iniziato. 

E gli Egizi, e gli Esseni, anche loro erano pieni di cartacce no.., papiri per trascrivere i rigiri che servivano a imparare come fare per curare.

E se ci pensiamo ancora, che fatica poi allora, quando usando uno scalpello e picchiando col martello si doveva utilizzare una pietra per durare.

Sono proprio tanti tanti quelli che han portato avanti questo incarico un po’ ingrato ma da molti utilizzato. E chissà poi quanti ancora lo faranno già da ora… sì perché ormai si sa, Bernard parla e parlerà, senza sosta e senza noia e per nostra grande gioia.

Quindi amici sbobinanti, dai, speriamo di esser tanti così un giorno fortunato poi fondiamo un sindacato.
Che le pagine trascritte sia un po rade, sia più fitte che fatica son costate possan esser ripagate da un buon karma di sicuro, e chissà poi in futuro…..

 

Queste rime penserete sono sceme e riderete, ma che il riso per magia si trasformi e voli via per portare a chi trascrive

luce, amore e grazie vive 

e innalziamo ora i cori

 

 

Domani è la domenica delle palme, spero che l’olivo che prepareremo porti  un po’ di pace in tutte le nostre case, (compresa questa) e già che ci sono faccio a tutti tantissimi auguri di

BUONISSIMA PASQUA

 

 

P.S.  Spero di non aver offeso nessuno, non era mia intenzione e mi scuso se a qualcuno posso essere sembrata pesante, ma chi mi conosce sa che spesso mi lascio trasportare dalle emozioni.

Ho usato abbondantemente uno spazio che era nato, come i gruppi di mail, per dare voce agli allievi, alle loro condivisioni e alle loro conversazioni. Oggi la macchina organizzativa  richiede che sia data priorità alle comunicazioni di servizio che sono necessarie. Per questo vi chiedo per favore (se proprio non potete trattenervi) di rispondermi privatamente. Non vorrei mai costringere le persone a leggere cose che non le interessano oppure che il sito o le mail  di gruppo si intasassero, giocoforza qualcuno dovrebbe poi bloccare la posta per cose più importanti. Fortunatamente oggi per comunicare ci sono altri mezzi (vedi facebook, twitter e quant’altro) senza contare le belle conversazioni a quattrocchi.

Per rispondere ad altre domande aggiungo:

Perché ho scritto? Anche se non sono più un’allieva mi sono permessa di farlo perchè per tanti anni ho dato il mio contributo. Inizialmente volevo per far capire come si sta dalla parte di chi sbobina (ovviamente dal mio punto di vista), poi mi sono fatta prendere la mano e mi sono dilungata, è diventato inevitabilmente uno sfogo personale (e terapeutico) ma credo che ci siano spunti di riflessione  utili a tutti. Ho tolto dalla prima stesura molte parti che la rendevano ancora più personale  e ho cercato di lasciare solo ciò che mi sembrava il minimo per essere chiari. Penso che il miglior modo di capire il problema di un altro (e crescere) sia di mettersi nei suoi panni. (non è quello che faremo dopo morti?).

Non ho costretto nessuno a leggere fino a qui, se lo avete fatto e per vostra libera scelta,  non vi chiedo di rispondermi, spero solo che le mie riflessioni possano essere un aiuto per ognuno a crescere un pochino e che magari possano  migliorare l’efficienza della macchina dei corsi di terapie. Grazie della vostra attenzione, buon proseguimento.

 

 

 

Informazioni su Cecilia Lando

Gruppo avanzato Nord Italia
Questa voce è stata pubblicata in Articoli degli allievi, I nostri racconti e le nostre emozioni. Contrassegna il permalink.

5 risposte a Confessioni di una sbobinatrice.

  1. Maria Pia Milano 2007 e Milano avanzato scrive:

    Cara Cecilia,
    Ti confido di non aver mai accettato di sbobinare non solo per il tempo che mi manca ma anche per la mia ignoranza da capra per quello che riguarda l’uso dell’MP3 che per me è un mistero… per quel che ne capisco questa sigla potrebbe essere anche la sigla di una loggia Massonica !!!
    Sarei molto più pratica se potessi usare i mini registratorini di un tempo che fu, con le bobine e riascoltarli con un apparecchio a pedale per fermare, scrivere e riprendere ad ascoltare come in un dettato.
    Eccoti svelato il mio segreto! tienilo per te mi raccomando.

    Ciao cara
    Maria Pia

  2. alberto scrive:

    “…..Anche se le mie strade saranno diverse so che una piccola parte di me e della mia energia sarà sempre in quelle pagine…”
    Un grande parte di te é e sarà presente, e non solo in quelle pagine!
    Grazie Ceci, ti porto nel Cuore.
    Con immensa riconoscenza
    alberto

  3. Anna scrive:

    Cara Cecilia, grazie ma mi rendo conto che è troppo poco.
    Io sono una di quelle persone che dopo aver completato per una volta un resoconto, ho fatto difficoltà a completare l’incarico che pur mi ero preso liberamente. Perchè, forse ora l’ho capito. Ho sempre avuto bisogno di essere considerata ed apprezzata ed anche ricevere il grazie di tutti mi aiutava a colmare il mio vuoto interiore. Purtroppo però quel lavoro era veramente troppo impegnativo per me, per i tempi liberi che avevo a disposizione, per cui il servizio che volevo offrire rispetto al costo personale che mi richiedeva ed al vantaggio che incosciamente ricevevo mi creava troppo squilibrio ed ho rinunciato. Ora per questo apprezzo tanto chi si offre ancora per questo lavoro, perché ne conosco tutto l’impegno necessario e mi piacerebbe poterlo riconoscere in modo un pò più tangibile di un semplice grazie, anche se in ogni caso non smetterò mai di ringraiare tutte quelle persone che nel tempo lo hanno fatto e comunque continueranno a farlo. Vi abbraccio tutte. Anna Maria

  4. Rita scrive:

    Cara Cecilia, da ex sbobinatrice ed ex allieva comprendo bene le tue parole ed emozioni. Non mi pento di tutte le ore di lavoro che prima di tutto sono servite a me per rimettere insieme elementi sfuggiti o comprenderli meglio. Se tutto ciò che ho sbobinato è servito agli altri allievi/e o no non lo so e non mi sono posta il problema. Ringrazio ancora chi mi ha aiutato e chi mi ha fatto disperare poiché mi ha insegnato la pazienza. Ho imparato quali erano i miei limiti e la mia ricerca della perfezione si è scontrata con la realtà della mia imperfezione. 🙂 Si, lo rifarei! forse sono masochista ma …che ci vuoi fare? il lupo perde il pelo ma non il vizio! ti abbraccio forte forte e ti ringrazio ancora per esserci stata. Rita.

  5. Christian Visintainer scrive:

    Cara Ceci, l’eco lanciato dal Valore del tuo operato e presenza nell’ambiente delle terapie(grazie alle sbobinture e alle schede) mi era giunto ben prima che ti incontrassi di persona; subito dopo ho potuto godere anche della tua infinita simpatia e qualità ironiche che nel bel mezzo di momenti troppo intellettivi riuscivano sempre a spezzare le catene dell’assurdo per creare la breccia alla leggerezza attraverso la risata; è una qualità che amo molto nelle persone e tu ne sei divina portatrice…..goffamente sto cercando di sostituire il vuoto che ogni tanto lascia la tua assenza dalle vetrine di internet e dai clamori degli incontri. C’è sempre bisogno di allegria e ahimè anche di volenterosi che si occupano di documentare le lezioni. Personalmente da tre anni mi occupo delle sbobinature di Senigallia e ho riscontrato tutto ciò di cui riporti testimonianza tuttavia da buon maschietto posso confidarti che quando è troppo mi fermo e chiedo aiuto, se questo non arriva significa che per gli altri non è così importante e continuo solo quando sento sia utile per me…….Sei grande e GRANDE è L’ABBRACCIO che ti mando. Christian

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *